Nei giorni scorsi, ha fatto il suo debutto su Apple Tv+ Monarch: Legacy of Monsters, la prima serie tv in live action ambientata nel Monsterverse di casa Legendary, ossia l’universo cinematografico condiviso dedicato alle imprese di Godzilla, King Kong, Mothra, King Ghidorah e degli altri kaiju della tradizione cinematografica giapponese.
Come vi abbiamo anticipato nella nostra recensione, la serie non soltanto non ha deluso le attese, ma ha rappresentato un importante passo avanti per l’intera saga, che nel 2024 festeggerà il suo decimo anniversario con l’uscita di Godzilla X Kong: The New Empire di Adam Wingard. Al di là dei meriti individuali del cast (diciamolo, affidare a Kurt Russell e suo figlio Wyatt il compito di interpretare il medesimo personaggio in due momenti diversi della sua vita è stato un autentico colpo di genio!) e del comparto degli effetti speciali, sul piano creativo possiamo tranquillamente affermare che Monarch: Legacy of Monsters è proprio la serie di cui il Monsterverse aveva bisogno.
Proprio mentre l’universo Marvel sta attraversando un momento di grave crisi, e quello DC Comics si trova ancora fermo al palo in attesa dell’ennesimo reboot, stavolta firmato James Gunn, la saga cinematografica dei Titani della Legendary si trova invece a fare i conti con un bivio decisivo, e con la serie tv Monarch: Legacy of Monsters sembra aver finalmente imboccato la strada giusta. Ora non resta altro che percorrerla, anche se i primi report sul prossimo film sembrano destare qualche dubbio…
Godzilla Vs Godzilla
Anzitutto facciamo un po’ di chiarezza, visto che a inizio dicembre approderà anche nelle sale Godzilla: Minus One, in cui incontreremo una versione assai differente del leggendario “re dei mostri”.
Il nuovo film, scritto e diretto da Takashi Yamazaki, è prodotto dalla Toho, la compagnia del Sol Levante che nel 1954 ha dato vita al mito del mostro Gojira, e non avrà nulla a che fare con il Monsterverse americano, prodotto invece da Legendary (concessionaria dei diritti della Toho) e distribuito nelle sale da Warner Bros.
Da parte sua, Godzilla: Minus One sarà estremamente fedele alla versione originale della creatura, che impersonava il “peccato originale dell’umanità” e rappresentava un’autentica incarnazione dell’orrore nucleare abbattutosi su Hiroshima e Nagasaki nel 1945. Non a caso, la nuova storia sarà ambientata tra le macerie della Tokyo postbellica del 1947, e racconterà l’ascesa di Godzilla nei panni di un mostro crudele e inarrestabile, una cieca forza della distruzione la cui mutazione ha avuto origine dall’esperimento atomico americano nell’atollo di Bikini.
Al contrario, il Godzilla del Monsterverse, al pari di Kong, è un primordiale e benevolo sovrano, custode dell’ordine naturale del nostro pianeta.
Nonostante il suo intervento al termine del film di Gareth Edwards del 2014 si traduca nella distruzione di San Francisco, e il trauma venga ulteriormente sottolineato nelle prime puntate della nuova serie tv, il Titano ha agito soltanto per proteggere l’umanità dal risveglio di due MUTO che minacciavano di annientarla. Come confermato dal successivo Kong: Skull Island del 2017 (qui la nostra recensione) e soprattutto dall’ottimo Godzilla: King of the Monsters del 2019 di Michael Dougherty, l’umanità popola – e pretende invano di governare – un mondo dilaniato dall’eterno scontro tra oscure entità primordiali dedite alla distruzione, paragonabili ai Grandi Antichi dell’immaginario di Howard P. Lovecraft, e i benevoli guardiani dell’equilibrio.
Le due anime del Monsterverse
È questo radicale mutamento di prospettiva, già abbozzato negli ultimi film della saga originale della Toho, a costituire a nostro avviso il vero marchio di fabbrica del Monsterverse della Legendary.
Ma se Godzilla e compagni non sono più soltanto delle forze distruttive che minacciano l’umanità, bensì i protagonisti di una sotterranea guerra primordiale tra entità sovrumane, è necessario infondere nel filone del disaster movie anche una massiccia componente di avventura, storia e mistero, legata all’esplorazione delle origini mitiche di queste creature.
Se il Godzilla del 2014 si apriva con il ritrovamento di due crisalidi di MUTO in un’antica caverna delle Filippine, Kong: Skull Island ha abbracciato in pieno questa nuova corrente, proponendoci una storia tropicale capace di far rivivere il fascino dell’esplorazione e della scoperta, ispirata al mito orientale della terra cava e del favoloso regno di Agarthha.
Al termine del film, si scopre che molti Titani erano ben conosciuti alle varie mitologie dell’umanità, ed incarnano i draghi, i demoni e le bestie primordiali delle varie civiltà (tra cui i biblici Leviatano e Behemot). Anche Godzilla: King of the Monsters del 2019 proseguiva su questa linea, conducendoci alla scoperta dei segreti di un’antichissima città ora sepolta dalle acque (Atlantide?) nella quale Gojira era venerato come un dio, e probabilmente conviveva pacificamente con il genere umano. Il regista Michael Dougherty si era detto interessato ad approfondire questo tipo di filone con un prequel ambientato in età antica, ma l’incerto esito commerciale del suo film ha portato a un drastico cambio di rotta, inaugurato dal Godzilla Vs Kong di Adam Wingard. E così, nel film del 2021, le avventure dei personaggi umani e l’esplorazione della mitica storia dei Titani sono stati messi da parte per adottare una linea più semplicistica, all’insegna dell’azione e dello spettacolo, condita da una massiccia dose di umorismo.
La deriva firmata Adam Wingard

Fin dal primo film della saga, una parte della critica e del pubblico ha biasimato la scelta di concedere eccessivo spazio ai personaggi umani della saga.
Malgrado la Legendary abbia mobilitato talenti quali Brian Cranston, Ken Watanabe, Aaron Taylor-Johnson, Elizabeth Olsen, Samuel L. Jackson, Brie Larson, Tom Hiddleston (insomma, mezzo Marvel Cinematic Universe!) e, più di recente, pure Millie Bobby Brown, c’era chi continuava a chiedere di abbandonare ogni velleità mitologica e narrativa, e lasciar spazio alle devastanti battaglie tra kaiju. “Let them fight!“, per riprendere le parole del dottor Ishiro Serizawa nel primo film, in una frase poi diventata iconica.
E così, Adam Wingard li ha accontentati: al netto di molti siparietti comici, e di una visivamente spettacolare esplorazione del reame della terra cava, il film ha deciso di smettere di non prendersi troppo sul serio, e mettere in scena le tanto agognate “botte da orbi” che parte del pubblico e della critica attendevano spasmodicamente.
Il risultato economico al botteghino e su HBO Max, malgrado la pandemia, è stato indubbiamente positivo, ma ci si è subito chiesto quanto fosse sostenibile una linea del genere nel lungo termine, anche sul piano dell’organicità narrativa.
Monarch: Legacy of Monsters e il punto di svolta
Dopo il debutto tutto sommato incolore, per quanto non del tutto negativo, dell’immatura serie animata Skull Island su Netflix (qui la nostra recensione), a cambiare le carte in tavola fa ora il suo maestoso ingresso Monarch: Legacy of Monsters, una serie tv che riporta coraggiosamente il Monsterverse alle sue origini.
Il titolo, è bene sottolinearlo, è Monarch: Legacy of Monsters, e non Monsters: Legacy of Monarch! L’enfasi sta proprio su Monarch, la sotterranea organizzazione fantasma caratterizzata dal simbolo della farfalla monarca che fin dai temi di Kong: Skull Island (ambientato nel 1973) ha fatto da filo conduttore della storia, e ha esplorato la segreta storia dei Titani.
E così, anche grazie al duo Kurt-Wyatt Russell, il focus torna sugli umani, sull’avventura e sul mistero.
Il minutaggio dedicato alle gesta dei mostri si riduce, ma il loro fascino aumenta: l’accento torna sulle loro origini e sulle millenarie leggende che li circondano, con l’aggiunta di un pizzico di spy story dovuto all’alone di segretezza che circonda l’organizzazione.
Come se non bastasse, la serie mette anche in campo un minuzioso lavoro di tessitura connettiva che finalmente dà forma a un vero e proprio universo narrativo interconnesso, capace di andare al di là delle figure di Godzilla e dei Titani. In Kong: Skull Island, ad esempio, sentivamo parlare della misteriosa sorte della USS Lawton: qui apprendiamo finalmente quale sia stata la sorte della nave, e scopriamo come tutto ha avuto inizio. Ritroviamo vicende e personaggi già comparsi sul grande schermo (tra cui in particolare il Bill Randa di John Goodman), e assaporiamo un senso di organicità narrativa del tutto inedito, che finalmente dà un senso alla scelta di parlare di “universo condiviso”.
Il futuro del Monsterverse
Che quella messa in campo da Monarch: Legacy of Monsters sia una scelta vincente sembrano confermarlo sia la critica che il pubblico: a concordare con la nostra positiva recensione, secondo l’aggregatore di verdetti americano Rotten Tomatoes, è l’85% della stampa e il 90% degli spettatori. Un successo solido e convincente, che ci conferma come la scelta “marvelliana” di sdrammatizzare i toni e porre l’accento sullo spettacolo visivo messa in atto da Adam Wingard in Godzilla vs Kong abbia già esaurito la propria carica.
Ad ora non è dato sapere se Monarch: Legacy of Monsters sia stata concepita come una miniserie autoconclusiva, o se ci sia la possibilità di una seconda stagione che contribuisca a sviluppare ancora di più questo nuovo filone tematico e narrativo, ma la nostra speranza è che il nuovo corso più maturo e avvincente inaugurato dalla serie Apple Tv+ di Mark Fraction e Chris Black non cada nel vuoto. Anche perché, come si accennava in apertura, il quinto episodio cinematografico, intitolato Godzilla X Kong: The New Empire e diretto di nuovo da Adam Wingard, non sembra far presagire grandi cose per quanti hanno apprezzato questo ritorno alle origini del Monsterverse. Tra i commenti trapelati da un primo test screening, si può leggere che il lungometraggio premerà ancor più l’acceleratore sul tono divertente, leggero e umoristico già visto in Godzilla Vs Kong, con l’irruzione di elementi marcatamente fantascientifici e “una battaglia tra kaiju ogni 20 minuti”. La speranza è che, se questa sarà davvero la fisionomia del Monsterverse al cinema nel prossimo futuro, almeno sul piccolo schermo la qualità e il tono possano rimanere quelli – assai diversi – visti qualche giorno fa su Apple Tv+.