L’episodio: The Giggle. La serie: Doctor Who, 1963. Regia: Chanya Button. Cast: David Tennant, Catherine Tate, Neil Patrick Harris, Jemma Redgrave, Ruth Madeley, Bonnie Langford, Nicholas Briggs, Karl Collins, Jacqueline King, Yasmin Finney, Ncuti Gatwa.
Genere: Fantascienza, avventura. Durata: 61 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Disney+, in lingua originale.
Trama: Il Dottore deve affrontare un vecchio nemico per la salvezza dell’intero genere umano.
“I don’t want to go”, diceva David Tennant nei panni del Decimo Dottore nel gennaio del 2010, nella sequenza dove cedeva il timone della serie a Matt Smith (e poi di nuovo, nel 2013, nello speciale del cinquantenario The Day of the Doctor, in modo che la sua uscita di scena fosse filologicamente la stessa). Una frase che i fan hanno avuto bene in mente sin dalla prima apparizione del Quattordicesimo Dottore, con la consapevolezza che, alla fine dei tre speciali per il sessantesimo anniversario di Doctor Who, sarebbe venuto il momento di salutare Tennant per la seconda volta. Un elemento di cui Russell T. Davies, già ai tempi autori della prima rigenerazione dell’attore scozzese, ha tenuto conto nel tentativo di sorprendere ancora una volta il pubblico e chiudere in bellezza i festeggiamenti dei sessant’anni dello show con l’episodio di cui parliamo nella nostra recensione di Doctor Who: The Giggle.
La trama: giochiamo insieme?
Dopo aver portato in salvo Wilfred, la UNIT spiega al Dottore e a Donna che da due giorni l’intero genere umano è affetto da un misterioso segnale che fa pensare a tutti di avere ragione, generando caos in giro per il mondo. A parte gli agenti di UNIT che sono dotati di un dispositivo che sopprime il segnale, gli unici immuni sono il Dottore – in quanto non umano – e i suoi compagni d’avventure, poiché viaggiare ripetutamente nel TARDIS li ha resi “fuori sincrono” con il resto dell’umanità. Dopo aver individuato l’origine del problema, il Dottore torna nel 1925 per indagare, e scopre con sommo orrore che dietro tutto questo si cela un vecchio nemico: il Giocattolaio, un essere proveniente da una realtà alternativa che non ubbidisce alle leggi della logica, e dove tutto si basa sui giochi. E per sconfiggerlo, il Dottore dovrà accettare una nuova partita, con in palio il destino della Terra intera.
Il cast: il Dottore e il Giocattolaio
David Tennant e Catherine Tate sono ancora una volta il nucleo emotivo di questo speciale conclusivo, che festeggia l’anniversario riunendo diversi elementi ed attori: ritorna Jemma Redgrave nei panni di Kate Stewart, figlia di uno degli alleati storici del protagonista, affiancata da Bonnie Langford in quelli di Melanie Bush, compagna d’avventure del Sesto e Settimo Dottore e già presente, lo scorso anno, nell’episodio The Power of the Doctor, nella scena che spiegava che gli ex-compagni del Signore del Tempo avevano creato un gruppo di sostegno per condividere le loro esperienze. Nicholas Briggs, voce fissa di antagonisti come i Dalek e i Cybermen, doppia in questa occasione un’entità benigna, il Vlinx. E poi c’è Neil Patrick Harris, che gigioneggia amabilmente – balletti inclusi – nel ruolo del Giocattolaio, che ritorna per la prima volta dal 1966, quando aveva le fattezze (brevemente mostrate in flashback) di Michael Gough, caratterista inglese noto principalmente per essere stato Alfred nei film di Batman diretti da Tim Burton e Joel Schumacher.
“And Introducing Ncuti Gatwa as the Doctor”
Ma l’elemento cruciale è l’introduzione di Ncuti Gatwa, l’attore scozzese originario del Rwanda che era stato annunciato come successore di Jodie Whittaker prima del colpo di scena legato a Tennant (uno stratagemma necessario anche per venire incontro ai precedenti impegni di Gatwa, che durante le riprese degli speciali era anche sui set di Sex Education e Barbie). Un’introduzione un po’ insolita, come già suggerito dai materiali promozionali, con la quale Davies va oltre le solite implicazioni mitologiche della rigenerazione e dà all’episodio un tono più scanzonato e allegro, laddove gli addii dei Dottori sono solitamente molto drammatici e pieni di pathos (con un minimo di humour, talvolta straniante, quando spunta l’incarnazione successiva). Quello di Gatwa, strepitoso già nei (relativamente) pochi minuti a disposizione, è un ingresso che segna a tutti gli effetti un nuovo inizio per la serie, al punto che la sua prima stagione completa, in onda nella primavera del 2024, è considerata quella inaugurale di un nuovo ciclo, che coincide con l’acquisizione dei diritti internazionali da parte di Disney+.
Sessant’anni e non sentirli
Dopo The Star Beast e Wild Blue Yonder si conclude quella che effettivamente è stata una trilogia celebrativa, con ciascun episodio incentrato su vari aspetti che hanno contribuito alla longevità della serie: l’atmosfera leggera per le famiglia, i toni talvolta più adulti che possono virare nell’horror e privilegiano l’introspezione, e il misto di stramberia pura – qui facilitata dall’inclusione del Giocattolaio – e mitologia interna che spesso e volentieri si diverte a stravolgere ciò che pensavamo di sapere del Dottore (come accaduto, per esempio, con l’introduzione del War Doctor durante la gestione di Steven Moffat e quella del Timeless Child sotto l’egida di Chris Chibnall). Un trittico di storie separate ma unite dal filo comune del rapporto tra il Dottore e Donna e la riflessione su cosa significhi essere il sedicente ultimo dei Signori del Tempo. Una riflessione che ha portato Davies a scavare nei recessi più profondi e semisconosciuti della continuity del franchise – questo episodio è a tutti gli effetti il sequel di una storia che non esiste più nella sua forma originaria, poiché tre dei quattro capitoli di The Celestial Toymaker (1966) fanno parte delle quasi cento puntate che la BBC eliminò quando non era consuetudine archiviare tutte le sue trasmissioni – per capire chi è il Dottore oggi, nel 2023, in un presente ricco di meraviglie e problematiche in egual misura (la carica satirica dell’affetto che il Giocattolaio ha per la razza umana è irresistibile).
Già nel 2017, al termine della gestione di Moffat, era stato tirato in ballo il Primo Dottore per meditare su come il personaggio e il mondo attorno a lui fossero cambiati nel corso dei decenni (sottolineando anche il sessismo non tanto latente che era uno degli ingredienti della performance di William Hartnell ai tempi). Tornato al timone della serie, Davies ha fatto lo stesso, indirettamente, per ragionare su come il Dottore fosse sempre rimasto fedele a sé stesso, costantemente di corsa – anzi, in fuga – dal 1963, senza mai volersi fermare, con ogni rigenerazione e cambio di amici come sorta di coperta di Linus per mascherare gli infiniti traumi di una moltitudine di vite, con la Guerra del Tempo e il Flusso come i definitivi non plus ultra di un’esistenza votata all’allegria come maschera per celare un profondo dolore (elemento dominante delle annate di Christopher Eccleston, Tennant e Matt Smith). La fine del Tennant-bis è il momento giusto per fermarsi un attimo, per ripensare la concezione della serie – stando a Davies la fantascienza vera e propria sarà un accantonata nei prossimi mesi – e del suo protagonista, pronto a reinventarsi in modo più radicale. Ma non troppo, perché anche lì una costante rimane, come ricorda Melanie al Quattordicesimo Dottore: “Non importa chi sei, perché ognuno di voi è fantastico.” Sante parole, da sei decenni.
La recensione in breve
Russell T. Davies chiude il trittico del sessantesimo anniversario con un episodio che, come il suo contenuto, è una rigenerazione per la serie, non funerea, bensì celebrativa.
- Voto CinemaSerieTV