Il film: Daaaaaali!, 2023. Regia: Quentin Dupieux. cast: Anaïs Demoustier, Edouard Baer, Jonathan Cohen, Pio Marmaï, Gilles Lellouche, Didier Flamand, Romain Duris.
Genere: commedia. Durata: 77 minuti. Dove l’abbiamo visto: alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, in lingua originale.
Trama: Un’aspirante giornalista cerca di intervistare Salvador Dalì, con risultati sempre più surreali.
Cineasta incredibilmente prolifico, dal 2010 Quentin Dupieux tende ad alternare, a seconda delle tempistiche di post-produzione, Berlino, Cannes, Locarno e Venezia per la prima mondiale o europea dei suoi film (fa eccezione Au poste!, uscito direttamente nelle sale francesi nel marzo del 2018). E così, appena un mese dopo aver presentato Yannick a Locarno, eccolo di nuovo al Lido, rigorosamente fuori concorso come nel 2014 e nel 2020, per un nuovo viaggio nel suo mondo stralunato e molto divertente. Un viaggio che, a questo giro, coinvolge un’icona del surrealismo, scelta quasi obbligatoria per un regista la cui cifra stilistica, esplicitata all’inizio del suo secondo lungometraggio Rubber, è l’assenza di significato. Di questo parliamo nella nostra recensione di Daaaaaali!.
La trama: si va Dalì a qui
Judith, francese, è una giovane aspirante giornalista. Il suo sogno: intervistare il grande artista Salvador Dalì. Un giorno riesce a incontrarlo, ma le esigenze molto particolari del grande pittore spagnolo, a cominciare dal tipo d’acqua che consumerà – a litri – durante la chiacchierata, fanno sì che il tutto non vada a buon termine. Inizia così una serie di tentativi di convincere l’eccentrico genio a dare alla ragazza un’altra chance, e con questi tentativi si moltiplicano anche i volti di Dalì, che a un certo punto pensa persino di essere pedinato da una sua variante più anziana. Riusciranno lui e lei a trovare un accordo su come raccontare un percorso artistico unico nel suo genere?
Il cast: cinque Dalì al prezzo di uno
Judith è Anaïs Demoustier, alla seconda collaborazione con Dupieux, mentre Romain Duris interpreta il produttore disposto a finanziare i nuovi tentativi di intervistare Dalì. Quest’ultimo, ovviamente, è al centro dell’attenzione, e per portarlo sullo schermo il regista ha deciso di moltiplicarlo, affidando la performance a ben cinque attori: Didier Flamand è il pittore più anziano, mentre la versione principale alterna, a seconda della scena o addirittura dell’inquadratura, i volti di Edouard Baer, Jonathan Cohen, Pio Marmaï e Gilles Lellouche (con netta preponderanza per i primi due). Tutti magnificamente armati di posticcio baffo che si allunga sempre di più e istrionico accento spagnolo che è al contempo caricaturale e perfettamente in linea con il personaggio pubblico che Dalì si era costruito nel corso degli anni (viene quasi da aspettarsi un crossover con la variante interpretata da Adrien Brody in Midnight in Paris di Woody Allen).
Documentare la stramberia
Dal 2018, forse per principio, Dupieux si attiene a durate di massimo 80 minuti per i suoi lungometraggi, probabilmente consapevole dei limiti con cui può avere a che fare quando sviluppa determinate premesse (esemplare, in tal senso, Smoking Causes Coughing, un’antologia di brevi racconti surreali con altrettanto bizzarra cornice narrativa). Anche questo ritratto di Dalì rientra in quella logica, con 77 minuti (titoli di coda inclusi) che mettono in scena deliziosi siparietti che a momenti diventano una versione comica di Inception (una scena tira in ballo la nozione dei sogni all’interno dei sogni), con l’aggiunta – probabilmente del tutto involontaria almeno a livello concettuale – del solito Multiverso, attraverso i cinque volti del pittore che si alternano per restituire un’immagine completamente incompleta di un genio che ama e al contempo odia essere considerato tale. E con l’escamotage dell’intervista fallimentare il regista firma quello che lui stesso chiama un “vero finto biopic”, un frammento di vita che mette a nudo la disparità lampante fra il mezzo cinematografico e le persone che esso vorrebbe immortalare.
La recensione in breve
Moltiplicando per cinque le eccentricità di Salvador Dalì, Quentin Dupieux ne cattura l'essenza in questa commedia intelligente sull'impossibilità di rendere pienamente giustizia ai giganti dell'arte.
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Voto CinemaSerieTV